C’era una volta nel Montiferru, proprio al centro dell’Isola, una lussureggiante foresta di lecci, querce, castagni, rove-relle e sughere secolari popolati da cervi e mufloni e sorvolati da falchi e grifoni.
In un’estate strana, dalla luce accecante e dal caldo soffocante si insinua, traditrice e ingannevole, una scintilla. Si fa strada tra macchia mediterranea, boschi, pascoli, ulivi, capannoni, fienili con le scorte di foraggio e mezzi agricoli e raggiunge, ormai fuoco vivo e implacabile, animali indifesi e ignari.
E come in un disegno malvagio e inutile, le fiamme, approfittando del caldo estremo e dello scirocco incontrollabile, si dedicano ad anarchiche battaglie distruttive.
Ettari ed ettari di terreno inceneriti da fuochi determinati, tenaci e incattiviti.
Povere pernici, poveri picchi, poiane, falchi e gufi e pecore, mucche e cavalli.
E poveri rettili, lepri, ricci e cinghiali.
Che strazio! Che tristezza!
Una ferita in fondo al cuore!
Santu Lussurgiu proteggici!
Fuochi indiavolati e fiammeggianti non hanno lasciato intentato nessun sentiero, nessuna macchia mediterranea, nessuna pietra, nessun cammino disarticolato, tortuoso e ripido sino alla montagna, sino a Badde Urbara.
Che disastro! Che dolore!
Eppure, lo sappiamo, il percorso della civiltà inizia solo quando Sant’Antonio è sceso sotto terra a strappare un po’ di fuoco al Diavolo.
Quante tradizioni e leggende legate al mitico elemento.
Il fuoco accomuna, il fuoco incanta, il fuoco riscalda, il fuoco ipnotizza, il fuoco ispira.
Ispira racconti, storie e non solo.
Il fuoco è magico.
Quanti patti di sangue realizzati saltando a due a due sul fuoco il giorno del solstizio d’estate.
Compari per la vita, si diventa!
Tutto è andato inesorabilmente in fumo.
Ragazzi e ragazze, disorientati e increduli, si aggirano tra la foresta ferita per renderle omaggio.
Tra narrazioni della memoria, visioni di culture popolari e paesaggi surreali, i ragazzi si incontrano e insieme sfilano tra braci di raso.
È un’estate strana, un’estate infuocata, terra bruciata e luce abbagliante.
Camminano in terreni scomposti, inusuali e complicati avvolti dai riflessi, i riverberi e i luccichii del sole a picco.
Un sole evanescente ed invisibile ma presentissimo. Lo puoi sentire ma non vedere, avvolto tra cieli grigi e arroventati.
Le figure vagano tra i meandri di una terra ostile ma fantastica, cupa ma incantevole, sconosciuta ma invitante.
È un paesaggio lunare, è il medioevo post-industriale.
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